Barolo chinato
Cappellano G.
€63.00
Tipologia Rosso
Regione Piemonte
Comune Serralunga d’Alba
Terreno calcareo
Vitigno Nebbiolo
Lieviti Indigeni
Affinamento 12 mesi in botte di rovere
Grado alcolico 17,5%
Formato 0,75l
Contiene solfiti – Prodotto in Italia
L’immagine è puramente indicativa e potrebbe non rispecchiare appieno le caratteristiche del prodotto
Il Barolo Chinato proviene da Barolo DOCG sottoposto a macerazione di diverse spezie e con l’aggiunta di alcol etilico. Non si conosce però la ricetta originale, che rimane un segreto di famiglia. L’effetto di tutte le spezie porta a interessantissimi effetti benefici. La sinergia degli elementi estratti tramite macerazione in alcol porta allo sviluppo di principi attivi dal sapore amaro che stimolano la secrezione salivare e del succo gastrico, aiutando quindi la digestione.
La storia della cantina Cappellano inizia dal mio trisnonno, il notaio Filippo Cappellano. Mio nonno, Francesco Augusto Cappellano, enologo, proseguì la strada tracciata dai suoi avi, lasciando il testimone al figlio Teobaldo, mio padre, sul finire degli anni ’60.
“A chi di “Guide” si interessa:
Nel 1983 chiesi al giornalista Sheldon Wasserman di non pubblicare il punteggio dei miei vini. Così fece, ma non solo, sul libro “Italian Noble Wines” scrisse che chiedevo di non far parte di classifiche ove il confronto, dagli ignavi reso dogma, è disaggregante termine numerico e non condivisa umana fatica.
Non ho cambiato idea, interesso una ristretta fascia di amici-clienti, sono una piccola azienda agricola da circa 20 mila bottiglie l’anno. Credo nella libera informazione, positiva o negativa essa sia. Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici. Lotto per un collettivo in grado d’esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre natura, non è stato premiato.
È un sogno? Permettetemelo”
Teobaldo
PRODUTTORE
Cappellano G.
La storia della cantina Cappellano inizia dal mio trisnonno, il notaio Filippo Cappellano. Mio nonno, Francesco Augusto Cappellano, anch’egli enologo, proseguì la strada tracciata dai suoi avi, lasciando il testimone al figlio Teobaldo, mio padre, sul finire degli anni ’60.
“A chi di “Guide” si interessa:
Nel 1983 chiesi al giornalista Sheldon Wasserman di non pubblicare il punteggio dei miei vini. Così fece, ma non solo, sul libro “Italian Noble Wines” scrisse che chiedevo di non far parte di classifiche ove il confronto, dagli ignavi reso dogma, è disaggregante termine numerico e non condivisa umana fatica.
Non ho cambiato idea, interesso una ristretta fascia di amici-clienti, sono una piccola azienda agricola da circa 20 mila bottiglie l’anno, credo nella libera informazione, positiva o negativa essa sia. Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d’esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre natura, non è stato premiato.
È un sogno? Permettetemelo”
Teobaldo